10 settembre 2015

Aggrappati al cielo 3

Siamo qui insieme a guardare questi fogli e succedono cose strane. focalizziamo la stessa faccia della medaglia ed occhi diversi rimandano immagini con ombre e coni di luce come riflettori.
lei? lui? i luoghi eterni ? lidi in cui da millenni si respira amore e bellezza. 
La storia è banale, già detto, ma come un audace scalatore, in cima al monte, sfidando raffiche di vento si aggrappa al cielo, così diventa speciale per la sintassi del tuo sentire. 
 Dal racconto ne esce Lei come un ombra leggera, per la luce fioca, dovrebbe essere l'oggetto del desiderio ma svanisce annientata dalla più profonda e coinvolgente interrogazione di te, di noi sull'amore. 
Il rapporto si perde fra una folla di attoniti testimoni silenziosi mentre il mare, le antiche pietre e la felicità e semplicità dei bimbi gridano
Ne viene fuori un gigante, oramai maturo,onesto e scettico ma pronto generosamente a rimettere in gioco tutto se stesso, la scommessa di un "Giobbe alla rovescia" che non si accontenta della sua incapacità di credere. Aggrappati al cielo tre è :

Trapani: formalità per andare in scena e morire dignitosamente. 
Io conoscevo solo me stesso innamorato di te : una sensazione esclusiva e totale: il riflesso d'un uomo innamorato, pieno di sé, forte del suo sentimento nella mente e nel corpo, compiaciuto della propria inaspettata bellezza. Era una visione abbagliante. 
Quando diventò un'illusione ottica te ne accorgesti solo tu… e cominciai a farti pena, poi rabbia ed infine, per evitare il fastidio, te ne andasti lontano a studiare, a costruirti un avvenire. Per noi potevano bastare qualche lettera o qualche telefonata; altre erano le cose importanti, le prospettive da modellare.


 I sognatori sono morti…si dispensa dalle visite.

 Poi mi bastò guardarti in viso perché l'inquietudine diventasse paura. Ero appena sceso dal treno ed eri lì sul marciapiede ad aspettarmi con la famiglia al gran completo. Baciarti sulle guance, abbracciarti, fu come strapazzare le corde di un violino. I soliti convenevoli s'intromisero a non far precipitare la situazione, al resto pensarono i familiari. 
Per tre giorni, incredibilmente, custodimmo i nostri resti senza una preghiera, un lamento. Eppure la tua pelle era cerea, i tuoi meravigliosi occhi verdi opachi e sfuggenti. La recitai anch'io la parte del fidanzato che esce a passeggio, che fa salotto con parenti e amici, che ride celiando alle battute di rito . Riuscii anche ad ingurgitare di tutto, a pranzo e a cena, anche il fastidio di me stesso.Ma alla quarta colazione la catena di montaggio delle ipocrisie inutili si arrestò. La parte di me che in tutti gli anni precedenti era stata espulsa dall'aula, con un colpo di mano rientrò, trovò un attimo di pausa e con poche parole raggelò l'uditorio. La maggioranza, ovviamente, reagì con vigore appellandosi alla profondità dei sentimenti più veri, all'ovvietà e alla bellezza dell'amore che trionfa sempre su tutto e tutti, ma era già in crisi. Il tarlo del dubbio aveva iniziato il suo lavoro distruttivo. Maledizione, maledizione Giusy: al diavolo i pranzi e le cene, le chiacchiere e le visite, alla malora questi sorrisi da saldi fine stagione. Al diavolo tutto signorina. Che c'era nei tuoi occhi ? paura, disappunto, fastidio… il nulla?
Non c'era comprensione né solidarietà, ma al pranzo ci arrivammo lo stesso. E fu qualcosa di memorabile. Nonostante gli sforzi delle persone che c'erano accanto persisteva nell'aria la sensazione , incombente, che qualcosa stava per accadere. La mia fidanzata, inappuntabile, sembrava districarsi bene in questo gioco di bastoncini cinesi: ne aveva già levati dal tavolo un paio di veramente pericolosi. Il pubblico venuto ad assistere alla commedia " Un amore difficile" stava iniziando a tirare un po' il fiato: forse si andava verso un lieto fine e già circolavano i primi sorrisi di compiacimento. Fu una frase, una piccola serie di parole, una caratteristica del tuo modo d'essere tagliente nel parlare. Arrivò dura, inaspettata, dolorosa come un tradimento…ma non riesco a ricordarla nemmeno ora. Calò come una mannaia e già non c'era più nulla da fare, la reazione a catena si era avviata. Finalmente dopo giorni e giorni eravamo soli, nuovamente soli come qualche anno prima e tutto il mondo si stava tirando in disparte, sullo sfondo. 
Ti guardai in silenzio, mentre furtivamente ti mordevi il labbro. Io ero un automa e quel che vivevo era un incubo pari per intensità solo al silenzio che regnava in salotto. Continuavo a far scorrere nella testa gli ultimi anni, ma stavolta i conti non tornavano: i sogni, le emozioni… ogni cosa con un sapore diverso. Il paese antico, poggiato in cima al monte fu l'unico testimone dell'assassinio: guardava da millenni quel panorama, quella terra di viti e gerani, di sale e di azzurro, di mulini a vento e di sole. Speravo che potesse convincerti, che fosse capace di dirti ciò che io non sapevo. Speravo….Faticai persino per convincerti ad entrare in salotto. Volevo parlarti, chiarirmi con te. In realtà non sapevo nemmeno da dove iniziare e tu non mi aiutasti. Eri lì, terrea in viso, rigida come una statua di cera che, sciogliendosi, muta forma e dimensioni sino a diventare una macchia senza senso sul terreno. Te lo chiesi, infine, se ancora mi amavi e non volevo sentire la risposta. - Non lo so, Non lo so più… 
Il mare aveva inghiottito l'arenile e i due ragazzi che vi passeggiavanoano sopra.

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