Nella lettura ho viaggiato, non solo fino ad altri mondi ma anche nella mia stessa anima.
Alle idi di marzo, così come Cesare si avviò consapevole del pericolo, incredulo ma fiero in cerca della sua personale verifica, anch'io ho ricevuto sillabe la cui lettura, come lame, penetra l'animo per morirci dentro.
Sono sillabe delicate che ricordano quel libro, quello che ti insegna a leggere, e, conoscerne le lettere non vuol dire capire, come conoscere le note di un pentagramma non vuol dire saper leggere la musica.
"Dovrei tenere per me la vita mia
che ho posato su carta come
facevo tantissimi anni fa:
chiusa nel segreto dei miei ricordi, non condivisa
con nessuno nè santo nè puttana, nè colto nè ignorante.
Solo per me o per un
altro da me.
Sinceramente?
Non so che fare, che io pur desiderando in
modo spasmodico la condivisione con te riesca solo a farti male e
allontanarti mi uccide.
Vorrei lasciare un segno, qualcosa che mi ricordi in
modo pulito solo questo;
ho tante cose dentro, tante immagini, tanti
sogni...pensavo che giocarci, colorarli,vestirli in modo diverso non mi avrebbe
alienato la stima degli altri, al massimo mi avrebbe regalato una sublime
indifferenza."
Le idi di marzo, una coincidenza? sono pervenute queste parole, e ho capito da quel giorno il vero significato di "aggrappato al cielo", parole semplici accompagnavano il file "Ho
pescato su uno dei miei fogli Word la prima stesura di un lungo articolo che si
chiamava"aggrappato al cielo", risale a circa 18 anni fa, lo pubblicai, poi lo frammentai,
poi lo riunii, è qui. Solo a te posso inviarlo."
Una
stanza segreta, vi si passa davanti guardando sempre altrove:
è una storia
iniziata molto tempo prima dell’apertura di questo blog.
Dentro c'è il
simulacro dell’illusione
di poter condividere
ma anche la definitiva sconfitta
di un sogno leggero e invidiabile.
Così scrivere, lasciare segni sul vuoto o
illudersi di farlo diventa un legame profondo,
irrinunciabile, uno scrivere e
pensare da lontano con una vicinanza intellettuale rara. Di me è rimasta
soltanto
una sospensione che pare senza fine. Quarant'anni passati a
scarabocchiare ovunque, a sprazzi, a volte di corsa
con una foga febbrile,
come
se non ci fosse più tempo per nulla. Oppure con lentezza esasperante,
oppresso
e confuso da una pletora d'emozioni altrimenti inesprimibili.
Perchè lo faccio?
Per chi lo
faccio?
Io non sono sicuro
di conoscere le risposte esatte,
ma sento che
scrivere mi allevia,
in parte, la malinconia di vivere,
rende buona o più
accettabile la rabbia segreta
che mi stringe da molti anni lo stomaco.
In
realtà ciò che scrivo nasce quasi interamente da un processo d'autostima,
l'unico che mi sono concesso in tutta la mia vita ed è un caso talmente raro
che non intendo sopprimerlo alla nascita.
Ma trent’anni sono tanti,
troppi e troppo vari i luoghi e le lusinghe
con cui essi mi hanno incantato;
eppure se ci fosse anche un solo momento
di consapevolezza,
un solo alito di
vento
in cui cogliere la fragranza della vita…scrivere sarebbe servito a
qualcosa.
Parlo di me, dell'unica cosa di cui so parlare con onestà, degli
occhi che ha incontrato e del tempo trascorso a scrutare gli indizi della
verità
accampata dentro ognuno di noi;
parlo della realtà e dei sogni che da
essa nascono per farci vivere un altro mondo e altri sogni ancora.
Ci sono strappi evidenti
nel
lungo racconto che sto passando sul blog; capisco che al di là delle sensazioni
che può dare la storia
qualcuno potrebbe sentirsi più a proprio agio se non ci
fossero salti
temporali così evidenti.
Ma nella mia vita il passato spesso è
tornato alla ribalta come presente sotto mentite spoglie,
non è poi così
semplice e scontato
dire dove e quando:
non per le emozioni e i sentimenti.
Ma
in fondo che importanza può avere? Certe emozioni sono assolutamente senza
tempo: ingabbiarle dentro gli anni è spesso un'operazione stupida e crudele.
Spero che i miei figli, a tempo debito, lo comprendano. E' la sola cosa che
posso lasciare loro in eredità.
A Palermo ci sono nato,
in
Italia ho vissuto e girato,
tra Milano, Genova e Roma;
nell'isola sono sempre
passato come ogni emigrante che si rispetti
e le mie estati di ragazzo
profumarono di sale e gelsomini,
di mare e assolati latifondi.
La storia che
racconto sono io,
tornato a metà degli anni 70 a Palermo definitivamente,
crocefisso da un amore infinito nella terra dei miei avi (Trapani), fuggito poi
alle falde dell'Etna per incapacità ad accettare un verdetto, schiaffeggiato da
un altro amore
nella città di Archimede...
invecchiato ad inseguire un sogno
che
non ha tempo.
Il racconto termina circa 5 anni fa e l'ho scritto in due
settimane, fra gennaio e febbraio del 2007; fra l'inizio e la fine ci sono
molte possibili uscite, molti altri pezzi di vita e molti visi con accenti
diversi; per tutti un tempo indefinito.
Leggendo ci si rende conto che la normalità diventa eccezionale quando trascende il tempo e diviene ad un sentire finito in noi tutti.
Grazie del tuo "semplice" commento.
RispondiEliminaLe creative che ttraverso il loro cuore e grazie alle loro mani possono esternare cio che in altro modo non saprebbero esprimere.
Debora
e forse condivide allegerisce l'anima.
RispondiEliminaDebora
e allontana anche la solitudine interiore
EliminaGrazie della tua visita, la sensibilità e serenità di chi persegue arti manuali è un dato di fatto
Una lettura affascinante,un mondo di emozioni, un forte groviglio di sentimenti che hanno conquistato il mio cuore.
RispondiEliminaCiao:)
Luci@
Benvenuta...
RispondiElimina:-)